Una nuova guerra fredda, una nuova corsa agli armamenti, due nuovi antagonisti. Questa volta però le armi che si rincorrono non serviranno a far esplodere le città, ma saranno qualcosa di più silenzioso, saranno algoritmi di intelligenza artificiale.

 

La deflagrazione dell’intelligenza artificiale avverrà in meno di due decadi. Nei prossimi 15 anni infatti lo sviluppo dell’AI raggiungerà il gomito della curva esponenziale della “Law of accelerating return” di Ray Kurzweil e la sua crescita sarà fuori dal nostro controllo.

Come un coltello, l’intelligenza artificiale è uno strumento di cui la nostra civiltà potrebbe beneficiale, ma come tutti gli strumenti può essere usata bene e può essere usata male. La differenza, come è sempre stato, la fa l’uomo che la utilizza.

 

Oggi 2019, viviamo un periodo storico che non fa ben sperare. I due antagonisti Stati Uniti e Cina stanno cominciando a stuzzicarsi sul fronte commerciale e, vista la storica ponderatezza e l’equilibrio dei due governi, è un attimo che la competizione passi da Huawei ai dazi, agli embarghi e allo spionaggio militare.

 

Una escalation di colpi bassi che, nella migliore delle ipotesi porterà a dividere il globo in due. Due internet separate, due circuiti di commercio internazionale separati, due comunità di ricerca scientifica separate, due carte internazionali dei diritti dell’uomo.

Da una parte il blocco cinese di cui potrebbero far parte la Russia e buona parte dell’Asia con il continente africano come miniera di materie e discarica di rifiuti, mentre dall’altra le Americhe, l’Europa e l’Australia. Il Giappone potrebbe fare la Svizzera del caso e rimanere neutrale.

Se questo è il migliore degli scenari, il peggiore è chiaramente quello in cui l’escalation non si ferma ad una divisione da separati in casa, ma porti al conflitto militare.

 

Un conflitto che, almeno inizialmente, non vedrà coinvolta la polvere da sparo, perché un’arma molto più interessante è a disposizione di entrambi. Un’arma che non fa esplodere complessi militari e non uccide direttamente le persone, ma che fa crollare imperi economici distruggendo la credibilità di brand planetari, che altera i risultati politici, che svuota le casse virtuali di criptovalute, che scombina la logistica automatizzata di approvvigionamento di beni primari o secondari.

Gli algoritmi di intelligenza artificiale potenzieranno immensamente le tecniche di hacking che serviranno a fare terra bruciata intorno al nemico.

 

Come conseguenza di questo potenziale pericolo, le nostre società potenzieranno i sistemi di sicurezza che diventeranno molto più complessi, chiusi e invasivi mangiando spazi alla nostra libertà.

 

Questo scenario però potrebbe essere sostituito da quello prospettato da Peter Diamandis in Abundance. Cioè un futuro in cui il progresso esponenziale, di cui l’intelligenza artificiale sarebbe la tecnologia di punta, verrebbe usato per scaricare l’uomo dal fardello del lavoro mantenendone il tenore di vita, per equilibrare il consumo di risorse e renderlo sostenibile o per creare sistemi politici globali strettamente interconnessi e collaborativi.

 

La differenza sta in come l’uomo saprà utilizzare gli strumenti che ha a disposizione. In questi mesi sono sempre di più le prese di posizione che mettono in guardia sulla pericolosità dell’intelligenza artificiale. Questo non fa altro che scatenare il solito panico immotivato e la solita paranoia dell’opinione pubblica verso il pericolo sbagliato.

Quante volte ho sentito dire che Internet ha rovinato il mondo perché i bambini non giocano più per strada, perché i mariti chattano con le polacche o perché i nostri figli sono in balia dei pedofili.

Come internet non ha rovinato il mondo, anche l’intelligenza artificiale non è il pericolo per il futuro, il pericolo è l’uomo, come è sempre stato. Il pericolo è ancora una volta come, questa creatura imperfetta che domina il pianeta terra, saprà maneggiare un nuovo strumento.

 

Emblematica di questa idea è la rappresentazione di Daenerys Targaryen sul suo potentissimo drago ferma sulle mura di King’s Landing a decidere cosa fare.

Noi abbiamo 15 anni per pensare cosa fare. Se vogliamo soccombere alla rabbia e agli egoismi creando un domani di conflitti, terra bruciata e muri di protezione, oppure se vogliamo ascoltare i consigli del saggio Tyrion e scendere dal drago rinunciando alla prevaricazione sugli altri, per goderci la vittoria di un futuro prospero e libero.