C’era una volta, tanti anni fa, in un paesino adagiato in una grande valle fra le montagne, un cuoco di nome Amiltore.
Amiltore era molto bravo, aveva una vera passione per il cibo e un talento nel mescolare i sapori; con i prodotti della terra sapeva creare odori e consistenze come nessun’altro. La sua specialità era il brodo di verdure.
C’era però qualcosa che lo faceva tribolare. Era convinto di poter migliorare ancora, se solo fosse riuscito a trovare un metodo per ridurre gli ingredienti in pezzi più piccoli, molto molto più piccoli.
Pensava che una cipolla intera fosse troppo per un brodino per una sola persona che si sedeva a mangiare nella sua taverna. Aveva provato a romperla con le mani, ma non ci riusciva perché la cipolla sgusciava via; aveva anche provato a strapparne dei pezzi con i denti, ma tutte le volte, per i due giorni successivi, la moglie non voleva più baciarlo.
Perciò un giorno Amiltore si recò dal suo amico Curzio, l’inventore del paese, esponendogli il problema e mostrandogli il pollice della mano fasciato per averlo schiacciato con un grosso masso nel tentativo di ridurre la cipolla in pezzi più piccoli.
Curzio accettò la richiesta di Amiltore e dopo qualche giorno lo chiamò per mostrargli la sua invenzione.
“Dopo tanti studi” disse Curzio, “ho costruito questo. L’ho chiamato Coltello”.
Era un oggetto semplicissimo fatto si un manico di legno e una lama di metallo. Poco costoso, semplice da costruire e facile da usare. Poteva essere conservato in un cassetto, poteva essere fatto in diverse forme e serviva per tagliare tutto, dalle olive ai cocomeri.
Entusiasta, Amiltore tornò nella sua cucina per provare la nuova invenzione e vide che funzionava alla perfezione. Riusciva a tagliare la cipolla in pezzi piccolissimi e poteva aggiungerla ai suoi piatti nell’esatta quantità suggeritagli dal suo olfatto raffinato.
Contentissimo per il nuovo strumento, Amiltore chiamò la moglie Melinda e il figlio Poldo per mostrare loro il coltello. Cominciò a sminuzzare la cipolla, poi la carota, poi le fragole, poi tolse la buccia ad un kiwi, ad una mela e perfino ad un chicco d’uva, lo provò su tutti gli ingredienti protagonisti dei suoi piatti. Si guardava intorno nella sua cucina e ad ogni sguardo trovava qualcosa, che tagliato o sminuzzato con il coltello, poteva aprire nuove infinite possibilità nella sua arte culinaria.
Gli ananas non si dovevano mangiare più con la buccia, la carne non si doveva più strappare con le mani e soprattutto non sarebbe più successo di dover ripulire le pareti dalle budella del pesce che esplodevano in ogni direzione quando si tentava di aprirlo con le mani.
Amiltore cominciò ad usare il coltello tutti i giorni, in breve tempo divenne abilissimo. Sminuzzava una cipolla intera in mezzo secondo, sbucciava le arance a spirale lanciandole in aria e tagliava le melanzane a forma di coniglio.
Così mostrò il coltello ad un suo amico cuoco che subito se ne fece costruire uno dal fabbro del paese. La nuova invenzione di Curzio si diffuse presto in tutta la città e in quelle vicine. I fabbri di tutta la regione costruivano coltelli copiando l’idea dell’inventore Curzio. Tutti i cuochi e le casalinghe erano contenti di poter finalmente sminuzzare le verdure e tagliare la carne in fettine sottili. Anche la gente era molto contenta di poter mangiare piatti più buoni e raffinati. Amiltore era riconosciuto per strada, riverito e ringraziato per aver avuto quella grande idea.
Purtroppo però oltre all’umore della gente, salì anche il numero di “clienti” di Giocondo, il medico della città. Molti infatti, non sapendo utilizzare bene il coltello, affettando la cipolla si affettavano anche le dita.
Addirittura si racconta che in un paese vicino, un signore un pò irascibile, cercò di affettare le dita di un vicino di casa che faceva troppo rumore suonando il pianoforte.
Pian piano in molti cominciarono a non volere più in casa nessun coltello perché avevano paura per le loro dita. Addirittura il parroco della valle, Don Tommaso, durante una messa disse che Dio era pro-dita e che i coltelli avrebbero dovuto essere banditi dalla città.
Amiltore si sentiva in colpa e iniziò a pensare che il coltello non fosse una così buona invenzione, ma al contrario che fosse pericolosa per la gente. Così andò da tutti i fabbri per chiedere loro di smettere di costruire coltelli finchè Curzio non avesse trovato una soluzione che evitasse alle persone di affettarsi le dita.
Amiltore andò da Curzio e gli disse: “Curzio, la tua invenzione è meravigliosa, ma, se al posto della carota ci metto il dito, abbiamo un problema”
Curzio si fermò un attimo, si toccò la barba e dopo qualche minuto di meditazione disse:
“In effetti il brodo viene meglio con la carota”
“No Curzio, intendo dire che ci si può tagliare via un dito della mano mentre si taglia una carota”
“Ah si, ho capito” – disse Curzio continuando ad accarezzarsi la lunga barba e passeggiando per la stanza – “ci penso io, dammi qualche giorno e troverò un sistema perché tu possa tagliare la carota senza il rischio di tagliarti un dito”
Curzio però non riusciva a trovare una soluzione efficace al problema. Perciò convocò i suoi amici inventori che lo raggiunsero dagli altri paesi.
Provarono a rendere la lama meno affilata, ma il coltello non tagliava più neanche la carota. Provarono con una protezione di metallo per il dito, ma era troppo scomoda per afferrare la carota. Provarono a montare il coltello sotto il tavolo lasciando che la lama spuntasse da una feritoia in modo che si potesse passare la carota sul coltello e non viceversa.
Provarono perfino a montare il coltello su un braccio meccanico manovrato con delle leve, ma la carota sgusciava via e non si riusciva a tagliare.
Finalmente arrivò il giorno in cui Curzio chiamò Amiltore per presentargli la soluzione definitiva al problema delle fette di dita. Amiltore corse nel suo laboratorio con Melinda e Poldo con ritrovato entusiasmo per vedere la soluzione.
I tre furono accolti da Curzio sorridente con alle spalle una squadra di 20 scienziati, inventori ed esperti di dita venuti da tutta la regione per risolvere il problema di quell invenzione.
Tronfio ed emozionato Curzio portò Amiltore, Melinda e Poldo in una grossa stanza dove troneggiava appoggiata ad una parete una grossa struttura alta fino al soffitto coperta da un lenzuolo bianco.
Curzio prese un lembo di quel lenzuolo, lo tirò via e rivelò ad Amiltore il risultato dei suoi sforzi.
Il lenzuolo cadde scoprendo una magnificente struttura meccanica con in cima una carota.
Amiltore rimase senza parole e si girò verso Melinda in silenzio.
Allora Curzio si avvicinò ad una leva e la abbassò con un movimento deciso e lo sguardo pieno di orgoglio.
Quell’enorme macchina cominciò a muoversi e la carota, dalla cima della struttura, cadde al livello sottostante dove rotolò passando attraverso un tunnel pieno di lame che la sbucciarono facendo finire le bucce in un secchio. Poi attraverso un buco, scese di un altro livello rimbalzando più volte su sei ripiani contrapposti orientati a 45 gradi l’uno difronte all’altro, ognuno con una lama che tagliava un pezzo di carota. Ogni rondella tagliata veniva risucchiata da tubo che si attorcigliava intorno all’impalcatura della macchina e finiva in una ciotola sottostante. Quando la carota aveva finito di rimbalzare fra i ripiani e tutte le rondelle erano finite nella ciotola, allora un nastro si metteva in moto facendola passare sotto dei getti d’acqua che lavavano le rondelle e le servivano sotto al muso del cuoco pronte per essere gettate nel pentolone per il brodo.
“Sniff” era il rumore del risucchio del naso raffreddato di Poldo che ruppe il silenzio di quasi un minuto in cui la sala era caduta non appena il rumore assordante del mostro meccanico era cessato e la ciotola con le rondelle di carota si era fermata sotto il naso di Amiltore.
“Tadaaaa” disse Curzio aprendo le braccia e indicando la ciotola.
Amiltore rimase impalato per un altro minuto guardando quella nuova versione del coltello.
Gli studiosi rimasero fermi con gli occhi verso Amiltore e le sopracciglia tirate in alto sulla fronte ad aspettare la sua prima parola.
“Tutto dentro una campana di vetro per preservare le dita” disse Curzio ancora fermo nella posizione del Tadà.
“MA E’ FANTASTICOOOOO” urlò Amiltore cominciando a saltare per la stanza dalla felicità.
Tutti cominciarono a saltare e abbracciarsi per l’approvazione del cuoco. Amiltore abbracciò Melinda, Curzio volava in aria lanciato dagli altri inventori e perfino le rondelle di carota uscirono dalla ciotola per improvvisare un Can Can sul nastro della macchina.
“Curzio sei un genio” disse Amiltore stringendogli la mano.
“Sniff”. Un altro risucchio del naso di Poldo che questa volta non riverberò nella sala silenziosa perché coperto dall’euforia del momento.
Poldo non aveva capito niente di quello che stava succedendo ed era in piedi nella stanza smarrito e disorientato con intorno scienziati in camice bianco che ballavano il Can Can facendo la musica con la bocca.
Poldo si avvicinò ad Amiltore e lo tirò per la giacca.
“Papà che cos’è questo?” chiese Poldo
“E’ un coltello” rispose Amiltore inginocchiandosi per scendere al livello del bimbo
“Ma perché lo avete fatto così complicato?”
“Perché le persone non sapevano usarlo e si tagliavano le dita”.
Poldo si fermò un secondo, si pulì il naso con la manica della maglia e poi disse:
“Ma tu sai come usarlo senza tagliarti le dita, insegnalo”
Amiltore si fece serio e ritornò in piedi.
Gli scienziati si fermarono.
Curzio alzò lo sguardo verso la sua macchina taglia carote e si grattò la testa.
“Uhm” disse Amiltore.
Germogliato da una domanda
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