Peter Diamandis parla di Abbondanza e probabilmente ha ragione. Il progresso tecnologico potrebbe portare plausibilmente ad un futuro letteralmente paradisiaco per l’essere umano sulla terra, dove l’abbondanza di beni e servizi sarà realtà per tutti a costi vicini allo zero. Siamo ormai giunti al gomito della curva esponenziale oltre la quale il progresso tecnologico inizierà a progredire con velocità mai osservate prima. Diamandis sostiene che robotica e intelligenza artificiale ci porteranno molto presto vicino all’azzeramento dei costi di produzione quasi tutti i beni e i servizi come cibo, energia, trasporti, abitazioni, etc. Progetti come Blockchain promettono la decentralizzazione del controllo sul denaro. La medicina, la bioingegneria continueranno ad allungare senza limite la vita media e a migliorarne la qualità. La genetica comprenderà la vita e sarà in grado di crearla e manipolarla come sta già iniziando a fare con il metodo CRISPR. La cibernetica mescolerà il biologico e il digitale creando sensi aumentati, esseri ibridi e la comprensione del cervello umano permetterà di sviluppare interfacce Brain-Computer o di trasferire la coscienza di una persona nel cloud con ovvie ripercussioni sui dibattiti di etica e filosofia.

Addirittura, per quanto oggi possa sembrare utopico, tutto questo potrà perfino ridurre fino a zero la necessità per l’uomo di lavorare. Macchine e intelligenza artificiale svolgeranno “gratis” quasi tutto il lavoro che oggi solo l’uomo può svolgere, per produrre i beni e i servizi di cui godiamo.

Tutto ciò non è la riproposizione di vecchie idee di visionari autori di fantascienza degli anni 60 basate per lo più sulla loro visionaria creatività; già oggi startup tecnologiche, laboratori e centri di ricerca stanno portando alla luce embrioni di questi progetti il cui progresso si alimenterà a vicenda con tutti gli altri fino a farci raggiungere quella che Kurzweil chiamò The Singularity.

 

La qualità della vita nel mondo occidentale è in costante crescita e oggi. Nonostante le nostre errate percezioni ci dicano tutt’altro, viviamo nel miglior presente da quando l’uomo è sulla terra. Tutti gli indici di qualità oggi sono più alti rispetto al passato, dalla ricchezza media ai diritti umani, dalla lunghezza della vita alla diffusione della democrazia.

Se guardiamo la Law of accelerating returns di Ray Kurzweil non possiamo che immaginare un futuro ancora migliore che segue la traiettoria esponenziale che finora tutto il progresso ha seguito, dalla creazione dell’universo fino ad oggi. La descrizione affascinante delle 6 epoche che Kurzweil fa nei suoi libri, ci mostra quanto questa traiettoria sia solida se letta a ritroso, e quanto sia vicina l’esplosione tecnologica se letta in avanti. Ci troviamo infatti a non più di due decenni dal momento in cui la velocità del progresso tecnologico sarà tale da avere rivoluzioni scientifico/tecnologiche settimanali o giornaliere.

Il perché possiamo semplificarlo con un concetto: il progresso parallelo nei singoli ambiti come informatica, comunicazioni, trasporti, bioingegneria, energia, si intreccia con tutti gli altri aumentando costantemente la velocità di sviluppo di ognuno. Tali previsioni ci appaiono eccessivamente ottimistiche perché il nostro cervello è abituato a ragionare linearmente piuttosto che esponenzialmente. Un esempio di questo errore comune sono le previsioni della Agenzia Nazionale per l’energia Americana che negli anni passati ha sistematicamente sottovalutato le previsioni di diffusione della quota di fotovoltaico.

 

Lo storico israeliano Yuval Harari descrive in Homo Deus questo futuro come il momento in cui l’uomo acquisirà da tecnologia e scienza il potere di Dio.

Tutto ciò potrebbe essere incoraggiante, ma alcune domande si fanno strada nei miei ragionamenti.

 

Questi cambiamenti come saranno interpretati da una specie immatura come quella umana?

 

Senza una riorganizzazione dell’infrastruttura politica del pianeta, l’uomo sarà in grado di indirizzare il potere di Dio verso il proprio sviluppo o ne sarà falcidiato per non averlo saputo controllare?

 

Riuscirà l’uomo a creare una stabilità sostenibile in cui le disuguaglianze non tendano a divergere e tutte le comunità possano beneficiare di questo progresso comportandosi come parte di un’unica comunità planetaria?

 

Oggi nel 2019 la democrazia è in crisi profonda. Molti sono i paesi in cui la popolazione è incapace di riconoscere rappresentanti di valore che si occupino dell’interesse della comunità piuttosto che del proprio interesse personale. Ne sono prova gli ultimi sviluppi politici in paesi come gli Stati Uniti o il Regno Unito, paesi in cui la democrazia è stata esercitata e sviluppata più che in tutti gli altri paesi moderni negli ultimi secoli. Trump, la Brexit e la ribalta delle destre sciatte e populiste in molti paesi europei, sono espressioni della sofferenza della democrazia nel mondo di oggi.
Come conseguenza di una cattiva rappresentanza politica non può che esserci il degrado degli indici fondanti per una civiltà come l’economia, la ricerca, l’istruzione, le infrastrutture, il welfare, la coesione sociale e la stessa politica. Se non si rompe questa spirale di degrado, non è azzardato immaginare che, fra una o due decadi, la qualità media della democrazia nelle varie regioni del pianeta sarà molto bassa.

Inoltre, a peggiorare il quadro globale c’è, a mio avviso, la preoccupante crescita di paesi poco interessati ai diritti umani, all’ambiente e ai rapporti di convivenza internazionale come la Cina o la Russia che stanno sapientemente conquistando un pò alla volta asset strategici sui tabelloni mondiali dell’industria, della ricerca, della finanza e della geografia politica.

 

A causa di ciò gli indici di disuguaglianza, oggi già crescenti, difficilmente vedranno un’inversione di rotta, e ci ritroveremo in una Singularity in cui avremo il potere tecnologico di Dio concentrato nelle mani di pochissimi che avranno un potere di influenza planetaria.

 

E’ vero però che, nonostante l’immaturità cronica della specie umana che non è neppure in grado di mantenere pulita l’acqua che berranno i suoi figli, siamo passati attraverso epoche storiche molto difficili. Grazie alla nostra capacità di creare comunità, idee e storie in grado di allineare migliaia o milioni di anime verso un unico obiettivo, abbiamo superato crisi economiche e umanitarie.

 

Ma con il progredire della tecnologia il potere di influenza di gruppi ristretti o di singole persone aumenta. All’inizio del secolo scorso il nazismo spadroneggiava in Europa grazie anche al potere persuasivo dei canali di comunicazione analogici come la radio, mentre nei decenni successivi l’industria commerciale ha sfruttato la nuova e più potente TV per farci acquistare sigarette, detersivi o medicinali, convincendoci che fosse una buona idea comprare un rasoio e buttarlo via dopo un solo utilizzo o persuadendoci di essere circondati da batteri letali per cui fosse vitale acquistare uno scopino del water autodisinfettante per sopravvivere.

Con i media digitali questo potere aumenta ancora. L’aggregazione di dati e l’intelligenza artificiale evolveranno velocemente fino a diventare strumenti che ci conosceranno meglio di come noi conosciamo noi stessi e saranno in grado di individuare e sfruttare le nostre debolezze senza che noi ce ne accorgiamo.

Attualmente questo potere è limitato. Sia i dati che gli algoritmi permettono di avere una conoscenza relativamente superficiale della nostra personalità e sono tutto sommato in buone mani perché, per quanto considerate malvagie dai più, l’ obiettivo più malevolo che hanno le corporations che li posseggono, come Google o Facebook, è quello di venderci l’ultimo telefono di un loro inserzionista.

Ma potrebbe non essere sempre così. Con l’attuale trend di crescita, non è difficile immaginare il giorno in cui un governo, non esattamente pluralista o democratico come quello Cinese, riuscirà ad acquisire l’accesso ai dati e gli algoritmi di Google per fare con il resto del mondo quello che ha già iniziato a fare oggi all’interno dei suoi confini con il Social Credit System.

Se questo succederà saremo nella mani di oligarchie politiche o industriali (non sappiamo chi deterrà il vero controllo, ma non fa molta differenza) che non avranno neanche il fastidio di dover rovesciare il regime democratico basato su elezioni perché saremo tutti convinti di stare agendo per il nostro interesse.

 

Perciò credo oggi sia il caso di focalizzare l’attenzione sulla leva che farà la differenza fra un futuro Orweliano di tecno-regime globale e un futuro libero di tecno-abbondanza. La politica.

 

Purtroppo la politica occidentale oggi mi sembra sia completamente all’oscuro di quello che accadrà nei prossimi anni e la totale assenza di queste tematiche nelle campagne elettorali degli ultimi anni non fa ben sperare sulla tempestività che essa avrà nell’affrontare il prossimo futuro esponenziale.

E’ necessario creare dei legami globali fra i protagonisti dei prossimi 20 anni, perchè i problemi che andremo ad affrontare saranno globali. Nessun paese da solo potrà affrontare il cambiamento climatico, lo stravolgimento del mercato del lavoro dovuto all’automazione, le migrazioni o lo sviluppo etico dell’intelligenza artificiale. Ad un problema globale si deve rispondere con una voce globale, ma per ora la direzione è tutt’altro che quella di unirsi.